Liv Ferracchiati porta in scena lo spettacolo "HEDDA. GABLER. come una pistola carica"

Liv Ferracchiati, diplomato alla Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, scrive una nuova drammaturgia parallela all’Hedda Gabler di Ibsen. In scena da 1 dicembre - 22 dicembre 2022 al Piccolo Teatro Studio Melato

Non una riscrittura, ma una nuova drammaturgia di Liv Ferracchiati parallela all’Hedda Gabler di Ibsen. Hedda è attratta dall’obliquo e dallo sconfinamento, eppure “sembra” rimanere incastrata nelle convenzioni e nella norma.
Pubblicato il: 07/11/2022 Categoria: EVENTI

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Liv Ferracchiati si avvicina a Ibsen dopo La tragedia è finita, Platonov di Čechov. Al centro del dramma una donna, Hedda Gabler, che ha sposato, di sua volontà, un uomo che non ama, Jørgen Tesman. Riappare però Ejlert Løvborg, scrittore anticonvenzionale, da cui era stata affascinata un tempo per la sua vita fuori dalle regole. Løvborg torna nella vita di Hedda, affidando le proprie teorie e la sua stessa anima a un manoscritto “visionario”, che parla di progresso della civiltà e di come l’essere umano potrebbe liberarsi dalla falsificazione e dalla morale. Il prezioso scritto è per Løvborg e Thea – la donna che lo ha “redento” – più di una creazione, è un figlio ideale.
«Di Hedda Gabler – racconta Ferracchiati – mi hanno colpito due aspetti in particolare. Il primo, l’attrazione di Hedda Gabler verso ciò che non rientra nella norma e il suo ossequio per le convenzioni. Il secondo, la sregolatezza di Løvborg e il tentativo di ricostruirsi moralmente e dominarsi attraverso la scrittura del manoscritto. Ma tutti soccombono alla vita e non li salva nemmeno l’opera visionaria, anzi è forse questa un’altra pistola carica pronta ad esplodere un colpo, un ordigno che deve essere disinnescato, perché Ibsen difficilmente fa vincere i ribelli. L’autore sembra chiedersi quali siano, se ve ne sono, le condizioni per la felicità umana. E questi individui di fine Ottocento, incapaci di incidere, ci somigliano, sembriamo proprio noi, incastrati all’interno di odierni e ipotetici salotti borghesi, raramente in grado di assumerci delle responsabilità. La mia non è una riscrittura, ma una drammaturgia originale, alla quale ho affiancato la nuova traduzione rielaborata insieme ad Andrea Meregalli. Nel dramma di Ibsen, sono molte le cose non dette, gli antefatti, gli eventi cui noi, pubblico, non assistiamo direttamente e che ci vengono riferiti dai personaggi: è in questi territori che vorrei addentrarmi. Il “gioco” è entrare nei meccanismi narrativi di Ibsen per scandagliarne il linguaggio, metterne in evidenza i diversi piani di lettura e sperimentare altri sviluppi della vicenda e dei personaggi, quasi non fossero letteratura, ma interpreti pronti a passare da un dramma a un altro. È affascinante dialogare con i grandi autori, a volte illuminano con la loro risposta e altre ti ignorano».

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