Liv Ferracchiati

Regista

Liv Ferracchiati

Liv Ferracchiati e un autore e regista.


Nasco il 3 gennaio del 1985, mio padre incide su un vecchio registratore pensieri sul suo essere padre, su di me, su mia madre e sul nome dell’ostetrica, ha un piglio antropologico, ma dalla voce si percepisce che è performativo. Sa che sta incidendo.

Scopro dell’esistenza di queste registrazioni il giorno del mio trentaquattresimo compleanno, perché, senza preavviso, mio padre prende la vecchia cassetta a nastro e la fa andare durante la cena. Ci sono i parenti, c’è qualche amico, io sorseggio uno dei miei vini preferiti, profondamente umbro, il Sagrantino.

Sorseggio il vino e, senza preavviso, ascolto le parole di mio padre, registrate, a mia insaputa, trentaquattro anni prima, gli occhi si appannano, penso a quando i miei genitori non ci saranno più e, dunque, in modo del tutto inorganico dico a voce alta: “ho lasciato il telefono di là” e me ne vado.

All’asilo mi faccio notare per essere il capo di una banda: ho convinto altri sei compagni, tra i tre e i cinque anni, bello quando i compagni esistevano ancora, a chiamarmi “Capo”. Il mio era un governo giusto, dove regnava la pace.

Le bambine però non volevano che giocassi nella cucina-giocattolo, cosa che non mi interessava granché, ma un giorno il desiderio di varcare il limite imposto ebbe il sopravvento. Senza preavviso.

Tradisco tutto quello in cui credo e chiamo la maestra.

Ora posso giocare con le pentole e picchiettare con un cucchiaio tondo e rosa sciroppo pertosse su una pentolina rosa sciroppo pertosse anch’essa.

Lo faccio per trenta secondi, poi, senza dare nell’occhio e senza preavviso, torno ai tirannosauri.

Alle elementari tutto bene, note salienti: la maestra annota che sono molto responsabile e che faccio battute ironiche che spesso i miei compagni non colgono e che ride solo lei, io, da parte mia, annoto che a volte non rideva nemmeno lei.

Le medie sono anni difficili per tutti. Al liceo mi appassiono alla letteratura greca, ma non studio la grammatica. Dal primo al terzo anno di superiori vado tutti gli anni al primo incontro del laboratorio di teatro, ma tutti gli anni mi fermo alla prima lezione.

Troppo timido.

L’incontro era di venerdì e io cominciavo a stare male dal venerdì precedente.

Gli ultimi due anni però riesco a superare il blocco e scopro che esiste “Il Giardino dei Ciliegi” e la “s” sorda, come ad esempio in “farsa”, fino ad allora pronunciata “farza”, d’altronde sono di Todi.

Nel 2008 mi laureo, forse anche grazie a questa nozione.

Nel 2012 mi appassiono ai racconti di Čechov.

Nel 2014 leggo per caso e per la prima volta il “Platonov”, avevo 27 anni, come il suo protagonista.

Nel 2015 insieme ad altri otto colleghi fondo la compagnia The Baby Walk, il cui nome non mi è mai piaciuto, ma ormai tutti ci conoscono così.

Nel 2016 scopro Lermontov.

Nel 2018 sbaglio tutto.

Nel 2019 va un po’ meglio.

Vorrei fare un viaggio in Crimea, ma temo possano farmi prigioniero. Temo soprattutto l’intervento di un possibile ministro degli esteri che digiti su wikiHow: come liberare connazionale rapito in Crimea.

Infine, sempre nel 2019 inizio a cadere. Cado inciampando su uno scalino, forse perché guardavo distrattamente il cellulare e batto violentemente il ginocchio destro. Cado scivolando, forse perché aveva piovuto, entrando in un supermercato e batto violentemente il ginocchio sinistro. Infine, in una progressione di successo, cado, inciampando su qualcuno, alla fine della recita del mio ultimo lavoro a Roma Europa Festival, perché, senza averlo concordato, gli attori mossi da buone intenzioni ed entusiasmo, mi invitano a scendere, io sono titubante e restio, poi duecento teste si voltano verso di me, penso di averli fatti attendere fin troppo, penso che vogliono andare a casa, quindi per cortesia, ma di malavoglia, scendo e, quando sono al quinto scalino dalla fine, volo giù, un volo che nella mia memoria dura ore, forse giorni, un volo attraverso le dimensioni della percezione, un distacco dal reale, un abbandono del corpo, uno stato meditativo che si infrange sulle mie ginocchia, stavolta tutte e due, in un violento impatto che tiene col fiato sospeso duecento persone applaudenti.

Comunque mi laureo in Lettere e Filosofia indirizzo Letteratura, Musica e Spettacolo a La Sapienza di Roma nel 2008 e mi diplomo in regia teatrale alla Scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano nel 2013. Nel 2015 inizio a lavorare alla Trilogia sull’Identità, sul tema del transgenderismo da femmina a uomo. Sempre in quell’anno inizio a collaborare con il Teatro Stabile dell’Umbria. Nel 2017, Todi Is a Small Town in the Center of Italy, Peter Pan Guarda sotto le Gonne e Stabat Mater (Premio Hystrio Scritture di Scena 2017) vengono selezionati da Antonio Latella per la Biennale Teatro 2017. 45. Festival Internazionale del Teatro.

Il terzo e ultimo capitolo della Trilogia sull’Identità, Un Eschimese in Amazzonia, (Premio Scenario 2017),ha debuttato nella sua prima versione compiuta a Bologna, nel dicembre 2017, per Scenario. Il mio ultimo lavoro, quello della caduta dalle scale è Commedia con Schianto. Struttura di un fallimento tragico, scherzo e intermezzo tra la Trilogia sull’Identità e il lavoro sul Platonov.

Attualmente è in fase di ideazione anche il nuovo lavoro con la mia compagnia, The Baby Walk, a partire da La Morte a Venezia di Thomas Mann.

Il 20 settembre 2020 ho debuttato con La tragedia è finita, Platonov, alla Biennale Teatro di Venezia, diretta da Antonio Latella.

Liv Ferracchiati
Dipartimento
CIVICA SCUOLA
DI TEATRO
PAOLO GRASSI
Corso
Regia
Ultimo anno frequentato
2014
Professione
Regista
Città
Todi ITALIA

Social Media

Con la vodka si accompagna bene anche il caviale. Ma come? Ci vuole arte...
Si prende un etto di caviale salato e pressato, due cipollotti verdi, dell'olio d'oliva, si mescola tutto e ...sopra si mette un po' di limone...Da morire! Il solo aroma ti fa svenire. Anton Čechov da un'opera che vale la pena leggere

Liv Ferracchiati